giovedì 14 agosto 2008

"Ecco un caso di certezza della pena", direbbe qualcuno. Siamo sicuri?

"Ecco un caso di certezza della pena", direbbe qualcuno. Siamo sicuri? Il caso riguarda Alì Juguri, 42enne iracheno. Era stato arrestato in Italia per il aver tentato il furto di un telefono cellulare. Per questo era stato condannato ad un anno e tre mesi di reclusione ed aveva cominciato a scontarlo nel carcere milanese di San Vittore. Per "sfollare" quel carcere sovraffollato, Alì Juguri era stato trasferito nel carcere di Vasto e quindi in quello de L'Aquila.
Alì Juguri ha sempre reclamato la sua innocenza e nonostante in Italia il codice penale preveda la condizionale, per le condanne di incensurati a reclusioni inferiori a due anni, questo signore iracheno è finito in cella. Dopo un processo nel quale era stato assistito da un avvocato d'ufficio, che non deve avere preso molto a cuore la sua vicenda, visto che nessuna misura alternativa è stata prevista per lui.

La storia di Alì Juguri mi è passata molto vicino. Mi ha quasi sfiorato essendo passato Alì, nel carcere della mia città (Vasto) e poi in quello del capoluogo della mia regione (L'Aquila). E mentre era dalle parti in cui vivo, Alì aveva già cominciato uno sciopero della fame, che poi lo ha condotto alla morte. Ma i giornali non si interessano di casi come quello di Alì. C'era da interessarsi dei guai giudiziari del presidente della regione Abruzzo Del Turco, del quale ci si è scandalizzati per il regime di finto isolamento al quale era costretto. Si scriveva delle richieste degli avvocati di Del Turco, di concessione di arresti domiciliari e si intervistavano suoi paesani che sembravano tutti concordi nel ritenerlo innocente.
Alì invece, che non conosceva bene la lingua italiana, non ha trovato alcuna voce che potesse parlare al posto suo. Nessuno si è stracciato le vesti per fargli ottenere quanto in diritto gli spettava. Nessuno che si sia interessato a lui, straniero in Italia per il quale non valgono i diritti. Se sei uno straniero povero in Italia, hai il solo dovere di obbedire alle leggi e di sottometterti alle pulsioni xenofobe dell'opinione pubblica.

E allora cosa poteva fare Alì, se non usare l'unico mezzo di protesta a sua disposizione: il proprio corpo? Lo ha usato, quel suo corpo, fino a consumarlo. Fino a quando il suo corpo non ha cominciato a nutrirsi di se stesso. Fino ad uccidersi. Fino a lasciarsi morire nella più indecente indifferenza di un sistema carcerario, giudiziario, burocratico e politico, che dispensa doveri e concede diritti in base all'etnia, alla religione, alle condizioni personali e sociali.
"Ecco un caso di certezza della pena", direbbe qualcuno. Siamo sicuri? Siamo sicuri che non sia invece, l'ennesimo caso di incertezza della giustizia?

9 commenti:

Matteo 14 agosto 2008 alle ore 10:40  

Non ho parole. Non conoscevo questa storia e sono rimasto a dir poco allibito...
Soprattutto dal momento che c'è gente che ha ucciso o rubato miliardi e sta ai domiciliari...
Che vergogna...
Una storia triste. Davvero triste. :-(

Tisbe 14 agosto 2008 alle ore 11:12  

Chissà quanti casi come quello di Alì ci sono in Italia
Buon Ferragosto

Anonimo,  14 agosto 2008 alle ore 11:18  

In un paese vero, non in questa cloaca che si chiama Italia, dove ci commuoviamo per delle puttane in TV che si scopano sedicenti coglioni ricchi grazie ad altri coglioni che li guardano fare stronzate, quest'uomo avrebbe avuto risalto nazionale, spazio e insurrezioni in suo favore. Mi verrebbe da chiedere se quel coglione che ha denunciato con tanta leggerezza per un presunto furto di cellulare, a un incensurato che non ha mai fatto nulla di male e che anche se colpevole per un reato così ridicolo avrebbe dovuto avere almeno la condizionale (a un italiano che conosco personalmente, e del quale ho seguito il processo è stata concessa la condizionale e la fedina penale pulita. Accuse: porto abusivo d'arma da fuoco, minacce e tentato omicidio). Invece è morto nell'indifferenza, tra i secondini che ora magari si lamentano per la puzza che ha lasciato nella cella.

Franca 14 agosto 2008 alle ore 11:53  

Quello che è sicuro è che in Italia la legge non è uguale per tutti...

Unknown 14 agosto 2008 alle ore 13:22  

Che poi, porca vacca, se invece di starsene al nord fosse stato "casualmente" di passaggio a Lampedusa, sai quanti ne avrebbe trovati di cellulari per strada, buttati da molti giovanetti che ne hanno tre e anche quattro.
Ma non voglio dire altro.

Crocco1830 14 agosto 2008 alle ore 13:59  

@ alfa: una storia non isolata e nonostante tutto senza ribalta delle cronache.

@ tisbe: tanti, davvero tanti. Immigrati muoiono nell'indifferenza nei CPT ed in generale nelle carceri, ci sono annualmente migliaia di casi di autolesionismo.

@ cesco: un morto in carcere non fa notizia e spesso l'opinione pubblica commenta dicendo: "Uno di meno". C'è molto da fare ...

@ franca: la legge, ormai per legge, non è uguale per tutti. Ma di fatto non lo è mai stata.

@ riveinflood: ma da quelle parti, contrariamente a quanto fanno sembrare i TG, passano solo una piccola parte dei migranti che arrivano in Italia.

il Russo 14 agosto 2008 alle ore 21:19  

Ecco un ennesimo caso di certezza di idiozia umana, quella che lascia morire un uomo come un cane perchè é un poveraccio, che schifo...
Buon ferragosto, anche se con questo post questo augurio stona terribilmente.

Crocco1830 15 agosto 2008 alle ore 18:54  

@ il russo: ho paura che sia un caso peggiore dell'idiozia. Credo appartenga più ad un caso di consapevole cultura xenofoba.

@ franca: grazie e buon ferragosto anche a te.

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