giovedì 13 marzo 2008

Lavoro senza valore e persone svuotate della dignità

Il lavoro continua a fare vittime.
A Chivasso Antonio Stramandinoli, manutentore di 37 anni, muore colpito al petto da un grosso pistone del macchinario sul quale stava intervennendo.
A Torino, Luigi Roca, operaio di 39 anni, si toglie la vita dopo il mancato rinnovo del contratto. Ha lasciato alla moglie ed ai due figli una lettera, nella quale dice: «Sono triste perché mi sono stati tolti il lavoro e la mia dignità, perdonatemi».
Altre centinaia di persone muoiono ogni anno di lavoro, nel silenzio generale e nell'anonimato. Sono i morti per malattie professionali, quelle che colpiscono silenziosamente, dopo anni di duro lavoro esposto ad un rischio. E' il caso, ad esempio, dei morti di tumore per esposizione all'amianto.

Morti sul lavoro, per incidenti che possono essere evitati; morti di lavoro per esposizione, prolungata e continuativa ad agenti cangerogeni; morti per il lavoro che non c'è, o che c'è a determinate condizioni, ma non per tutti. Non per chi ad esempio è uscito dal mercato del lavoro ed è considerato, troppo vecchio per essere reinserito e troppo giovane per essere pensionato.
La parola lavoro distante dalla morte solo per una preposizione. Ad accomunare tutte quelle morti, è che sono causate dal lavoro. Dal lavoro organizzato solo per il profitto. Un lavoro che assume valore solo in quanto mezzo di accumulazione del capitale.
Il lavoro ancora considerato una merce e come tale, da usare, sfruttare, consumare e poi buttare via quando diventa inutile al profitto. Oggi, nell'epoca del consumismo, questo concetto viene esasperato ed allora il lavoro diventa un prodotto usa e getta. Ed avendo la caratteristica dell'usa e getta, è inutile investire su di esso.
Così diventa inutile investire nella protezione contro gli infortuni; inutile investire nella prevenzione contro i danni alla salute, provocati dall'esposizione ad un rischio lavorativo; inutile investire sulle professionalità, tanto oggi servono, domani chissà.
In questo sistema produttivo, la persona regredisce a contenitore della merce lavoro. L'uomo è svuotato della propria dignità. E quel vuoto lo uccide.

2 commenti:

Anonimo,  13 marzo 2008 alle ore 23:46  

È bello sapere che poi gli operai se ne vanno in paradiso dopo l'inferno in terra. Diciamo che quando muore sul lavoro, per tutti i laici e supporters della chiesa, l'operaio è un uomo pio e giusto, quand'anche comunista. Che ipocriti.

Crocco1830 14 marzo 2008 alle ore 08:36  

Eh, già ... magra consolazione.

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