giovedì 13 dicembre 2007

Strage alla Thyssenkrupp

Non pensavo che nel primo post di questo mio blog, mi sarei trovato a trattare il tema delle morti sul lavoro. Che pure mi sta a cuore. Che pure investe diversi macro-argomenti, oltre alla sicurezza sui luoghi di lavoro: precarietà; salari da fame; profitto; normative; rapporto capitale-lavoro.
Ma l'ennesima tragedia avvenuta nei giorni scorsi, nello stabilimento della Thyssen Krupp di Torino, non può non far spendere parole, dettate dalla rabbia che si prova nel constatare che ancora oggi, in Italia si sul lavoro si muore, al ritmo di tre vittime al giorno, circa 1300 l'anno. Ma anche dettate dalla consapevolezza che non semplicemente le norme in materia di prevenzione e protezione devono essere modificate (in parlamento il testo unico in materia è fermo da mesi), ma in primo luogo i rapporti di forza esistenti tra capitale e lavoro, oggi evidentemente sbilanciato pesantemente sul primo.

Lo stesso rapporto di forze che ha permesso alla Thyssen Krupp di selezionare fino ad ora (stante quanto si legge sui giornali), personale giovane (tra i 20 ed i 30 anni), con almeno due figli a carico, con mutuo da pagare o in affitto. Sapendoli maggiormente ricattabili, l'azienda ha imposto loro turni di lavoro al limite delle capacità umane fisiche e mentali, costringendo gli operai anche a dodici ore di lavoro. Le stesse vittime di questi giorni, erano al lavoro dalle sei del mattino ed all'una di notte non avevano ancora terminato il proprio turno.

La produzione ed il lavoro visti solo come accumulazione del capitale, che vuole il profitto prima della tutela della vita umana. E' con questa logica che la Thyssen Krupp non aveva consentito la manutenzione degli estintori. Perchè quel sito produttivo sarebbe stato dismesso di qui a qualche mese, per essere delocalizzato in Umbria. Non aveva perciò alcuna utilità economica, mettere a disposizione dei lavoratori i più elementari mezzi di lotta antincendio, che sono rimasti così del tutto indifesi di fronte alle fiamme che li uccideva.

Ed oggi assistiamo ancora, come al solito, alla stesse ipocrite parole di cordoglio della politica. Quella politica che trova il tempo e l'urgenza di riunire un consiglio dei ministri, per emettere un decreto xenofobo e repressivo a seguito di un fatto di cronaca. Quella stessa politica che, nonostante le stragi quotidiane sul lavoro, si volta ad ascoltare le sirene del capitalismo, anzichè le urla di milioni di lavoratori che chiedono rispetto per le proprie vite e dignità per il lavoro.



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