venerdì 21 dicembre 2007

Sgomberi incivili a Roma

10 dicembre 2007. Ore 8:30. A Roma come in tutta in Italia insiste un fronte di aria fredda che ha fatto scendere drasticamente le temperature. Dal suo ufficio, evidentemente protetto dal freddo dalla presenza di adeguati termosifoni o aria condizionata, il prefetto capitolino ordina lo sgombero di baracche e roulotte nella periferia romana. A Ponte Mammolo (la zona oggetto dello sgombero) vivevano da circa 20 anni famiglie che una casa non possono permettersela. Famiglie di comunità rom, rumeni, bosniaci, marocchini. Ma anche francesi e ... italiani.
Persone con regolari documenti. Famiglie composte da padri di famiglia che precariamente lavorano da sfruttati; madri che amorevolmente accudiscono i loro piccoli figli; donne incinte senza il calore di una casa ben arredata; bambini che vanno a scuola ... ed il sogno di una vita migliore.
Alle 8:30 del 10 dicembre, il sogno si infrange contro le benne delle ruspe inviate lì dal prefetto di Roma. Il poco che quegli uomini e quelle donne erano riusciti a costruirsi, è stato schiacciato dai congoli dei pesanti mezzi meccanici.
Tutto è andato perduto, perchè niente è stato concesso a quelle persone di portare via. Nessun oggetto, niente abiti se non quelli che avevano indosso, non una foto o un ricordo. Persino i libri ed i quaderni di scuola sono stati seppelliti sotto le macerie, davanti agli occhi di bambini innocenti. Figli di ultimi tra gli ultimi.
Non hanno più niente quei poveri cristi, costretti ora a patire il freddo perchè nessuno ha pensato di trovare loro una sistemazione alternativa. Vittime oggi, della lucida follia securitaria, brandita quasi trasversalmente dalla politica italiana, a seguito dell'omicidio di Giovanna Reggiani.
Il prefetto, dichiarando che non era a conoscenza della situazione di quelle famiglie al momento di ordinare lo sgombero del campo, si è detto disponibile a cercare una soluzione. Ma ciò che attualmente si prospetta, è la divisione delle famiglie, con padri da una parte, madri da un'altra e figli in un'altra ancora, magari in una casa-famiglia o in una comunità.

E' questa l'altra faccia - quella più crudele - di uno stato che difende a spada tratta la famiglia tradizionale. Forse quelle famiglie sgomberate dal loro campo non sono abbastanza tradizionali. O forse il loro censo, sul quale oggi sembrano basarsi i diritti civili ed individuali, non permette loro di comprarsi almeno un briciolo di dignità umana.


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